Per qualche surreale mese fra il 1988 e il 1989 il comico più popolare d’America era questo tizio qua:
//www.youtube.com/watch?v=BWzI_Wn0ZwM
Piaciuto? Vi ha fatto ridere?
Questa era letteralmente la sua “break-through performance”, l’esibizione che l’ha reso famoso.
Non lo so di preciso perché mi sono ricordato di questa cosa proprio oggi ma seguitemi, vi prometto che a un certo punto c’è del calcismo doc.
Andrew Clay Silverstein nasce a Brooklyn nel 1957. Lungo gli anni ’80 fa tutta la gavetta del caso e trova successo con un personaggio, “the Dice Man”, che finisce per adottare come proiezione a tempo pieno di se stesso e parte integrante del suo nuovo nome d’arte, “Andrew Dice Clay“. The Dice Man è un tamarro clamoroso di Brooklyn sciupafemmine, volgare, razzista e fissato col sesso che nasce come incrocio/evoluzione fra la sua imitazione di John Travolta in Grease e quella del Jerry Lewis del Professore Matto lato Mr. Hyde / Buddy Love, ma che viene lentamente accolto dal pubblico come personaggio provocatorio ma simpatico. Il tipo che “dice quello che gli altri non hanno il coraggio di ammettere”, per intendersi, oppure – come lo definì Roger Ebert – uno che “insulta gli assenti per divertire i presenti”. Di base la sua gag era una sola (“scopare!”, sintetizzerebbe Maccio Capatonda), il suo tormentone era pure uno solo (gridare “AWWW!” ogni volta che pensa di aver detto qualcosa di divertente) e il suo pezzo di repertorio più celebre era quello che vedete all’inizio del filmato qui sopra, ovvero recitare le più popolari rime per bambini virandole su un finale a sfondo volgare/sessuale. Esilarante, eh?
Ora, in tutta onestà, non è che Clay la passasse sempre franca: ad esempio, e proprio per essersi esibito nelle sue famose filastrocche in diretta, riuscì nell’impresa di farsi bandire ufficialmente a vita da MTV e farsi perdonare – giuro – soltanto nel 2011. Appena in tempo per trasmettere i video di Robin Thicke, immagino.
MA, e qui arriviamo al succo della fazenda, il nostro Dice fece in tempo a fare impazzire nientemeno che Joel Silver il quale, scambiandolo per una specie di Eddie Murphy bianco, gli offrì bella pronta una lussuosa action-comedy da $40 milioni diretta da un emergente regista finlandese di nome Renny Harlin il quale, smontato questo, era atteso con urgenza sul set di un’altra piccola e modesta pellicola intitolata Die Hard 2.
Nasce così Le avventure di Ford Fairlane. Sigla!
//www.youtube.com/watch?v=NCZuYS-9qaw
(shhh, sto ballando, tornate quando è finita)
(rieccomi)
Il film si apre su un concerto di una band hard rock chiamata “Black Plague”. Il cantante è Vince Neil in persona. A metà pezzo perde la voce e stramazza al suolo sfinito: uno pensa “beh, è quello che gli capita sempre dopo la prima mezzoretta di show”, e invece stavolta è stato contagiato dal temutissimo morbo della morte (su cui, nota personale, non si fanno abbastanza campagne di sensibilizzazione).
Il nostro protagonista Ford Fairlane entra in scena: si accende una paglia in modo stilosissimo e viene prontamente schiaffeggiato prima da una gnocca e poi dalla sua gemella, che lui ovviamente non riconosce. “Ah! Jacuzzi! Laurel Canyon! L’after party dei Guns’N’Roses!” ricorda poco dopo. Tempo dieci minuti (in cui si occupa d’altro) e ovviamente se le riporta di nuovo a letto entrambe e poi le caccia di casa. E questo è il profilo che il nostro eroico e carismatico detective manterrà senza variazioni per tutto il film, durante il quale lo vediamo indagare su un paio di omicidi sullo sfondo della scena musicale del Sunset Boulevard.
Il fattore più interessante della pellicola è l’incredibile scarto fra la confezione e il protagonista che dovrebbe finalizzarla: spezza il cuore vedere la cura, il ritmo e l’occhio spettacolare con cui Renny Harlin imbastisce un’atmosfera perfetta, abilità che lo porterà giustamente a dirigere action sempre più ambiziosi, e – assurdo intrigo criminale a parte – si ammira persino la professionalità di uno script che sa perfettamente quali sono gli ingredienti importanti del genere e come distribuirli (ci si mettono in tre a riadattare su Clay il protagonista dei racconti originali di Rex Weiner, fra i quali il Daniel Waters di Schegge di follia e Demolition Man e il David Arnott che poi scrisse Last Action Hero insieme a Shane Black); in compenso, l’insistenza con cui Clay non mette a segno una gag che sia una è letteralmente abbagliante. Come se il minuzioso tiki-taka del Barcellona scardinasse le difese per poi concludersi ogni volta con una ciabattata loffia che raggiunge a malapena il portiere. E i compiacenti “AWWW!” che volano come se niente fosse!
Per il pubblico politicamente corretto del 2015 Ford Fairlane è poi una sofferenza particolare, perché se almeno negli stand up show il personaggio di Dice Man era volutamente calcato e antagonista per provocare reazioni forti in un pubblico affrontato in modo diretto, qua ci si sforza goffamente di trasformarlo nell’eroe indiscusso per cui toccherebbe passivamente tifare: una specie di versione rock star di Loris Batacchi con scarsa autoironia, un vuoto pneumatico di simpatia che pare fotomontato per sbaglio in un sequel alternativo di Beverly Hills Cop. Gli anni ’80 al loro estremo.
E allora le soddisfazioni provengono dall’ammirare la gloriosa macchina produttiva di Joel Silver in tutto il suo splendore e arsenale di splosioni, con un Renny Harlin che al suo primo film ad alto budget dimostra il piglio del veterano, e con un cast di contorno di tutto rispetto fra Ed O’Neill, Wayne Newton, Priscilla Presley, e la povera Lauren Holly nel classico ruolo della segretaria figa che però lui tratta malissimo perché una volta se l’è scopata ma lei non era abbastanza frizzantella per cui ora la vede solo come dipendente anche se lei continua a morirgli dietro ma alla fine lui si rende conto che lei è l’unica ad essere attratta da lui pur sopportandolo ogni giorno e allora si pente e le chiede scusa se la porta in vacanza.
C’è inoltre una preziosissima chance di rivedere David Patrick Kelly che fa il matto e soprattutto, in un ruolo inizialmente scritto per Billy Idol che dovette rinunciare a causa del suo famoso incidente in moto, nientemeno che Robert Englund, con cui Renny aveva lavorato in Nightmare 4.
Infine, in un estremo tentativo di provocare uno straccio di empatia nei confronti dell’irrecuperabile Clay, gli appioppano anche la compagnia di un bambino orfano, il Brandon Call di Furia cieca e Baywatch.
Ford Fairlane esce in sala l’11 luglio 1990, esattamente una settimana dopo Die Hard 2, e incassa la metà del suo sproporzionato budget.
Nel frattempo la gente si era accorta che Andrew Dice Clay aveva una gag sola che non faceva manco troppo ridere, per cui viene superato quel confine che sta tra l’essere stronzo e divertente (e quindi divertente) e stronzo e non divertente (e quindi stronzo). Il povero Clay che, bontà sua, aveva affidato la sua intera carriera semplicemente al personaggio che gli veniva meglio, si ritrova lentamente boicottato ovunque e sparisce in silenzio. Nel 2011 appare in un episodio di Entourage – AWWW!
E un’ultima curiosità: a quanto pare, Le avventure di Ford Fairlane è un cult incredibile in Ungheria, Norvegia e Spagna, paesi in cui il protagonista venne ridoppiato da noti comici locali che ci misero del loro rimediando così a quello che, alla fine dei conti, era l’unica vera mancanza del film.
DVD-quote:
“Per completisti di Renny Harlin e Joel Silver”
Nanni Cobretti, i400Calci.com